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Le 10 migliori fotocamere per i viaggi e le vacanze

Faccio una premessa grande come una casa: questo post è scritto solo per chi deve veramente comprare una nuova macchina fotografica (perché non ce l'ha, perché quella che ha è rotta o ha più di 10 anni). A tutti gli altri mi permetto di suggerire quello che ho già scritto qui . In vacanza in Puglia Le caratteristiche della mia "macchina fotografica da viaggio" ideale Quando viaggio o vado in vacanza cerco di ridurre il più possibile il peso del bagaglio e le sue dimensioni; la "mia" macchina fotografica ideale è quindi compatta e leggera, ma con un sensore di qualità. Senza addentrarmi, per ora, nel dedalo di marchi e modelli le caratteristiche di una macchina fotografica per i viaggi sono: sensore nel formato APS-C o 4/3 (quattro terzi). Tra i due io preferisco il primo, ma c'è chi apprezzerà la maggiore profonità di campo del secondo; flash integrato, anche solo per un colpo luce quando serve; obiettivo zoom moderato , che copra l'equivalente di u...

Svelare la bellezza: i ritratti di Valeria Lobbia

Valeria Lobbia  è una fotografa ritrattista italiana, specializzata in ritratti di bambini, donne e maternità. Gli inizi sono ad Asiago, poco più di 10 anni fa, ed oggi si divide tra l'altopiano dei Sette Comuni (le radici sono importanti!) e Milano, capitale della moda e della fotografia patinata. Nel 2020 è seconda ai WPI Awards nella categoria Children Portrait, quest’anno è tra i quattro finalisti del premio internazionale " The Societies of Photographers " nella categoria "ritratto creativo". Valeria Lobbia fotografata da Valeria Lobbia Con lei si potrebbe parlare di molti argomenti: tecnica, luce, ruolo del fotografo, post produzione. Ma la prima domanda che voglio farle riguarda la bellezza, perché mi ha colpito una sua frase: le sue foto, i suoi ritratti "hanno l'intento di far emergere il meglio di te". Ed è una ricerca della bellezza che guarda la persona nella sua complessità, rifiutando i canoni standardizzati che spopolano sui socia...

Un esercizio per il fine settimana: Altre tre, dai!

Lo spunto per questo nuovo "esercizio di fotografia per il fine settimana" lo devo a  Sandro Battaglia  e agli scatti della moka (sì, la macchinetta per il caffè della Bialetti) che ha presentato l'anno scorso alla Biennale Internazionale di Opere di Carta di Schio. Il progetto di S. Battaglia durante l'allestimento della mostra. Fonte: pagina FB della Biennale Internazionale di Opere di Carta Cosa mi ha colpito? Sandro aveva già realizzato una prima serie di scatti, dai quali ne aveva tratto 9 veramente significativi; immagini che mi avevano affascinato al primo colpo. Poi gli è stato richiesto di "arricchire il progetto" aggiungendo altri due o tre scatti del medesimo soggetto. Una richiesta assurda: chiunque si sia cimentato almeno una volta con un progetto fotografico sa che si arriva a quel punto in cui sembra di non aver più nulla da dire, in cui ogni ulteriore scatto sembra inutile e impossibile. Eppure... Sandro si è rimesso al lavoro, è tornato ...

La terra dei buchi, di Mattia Marzorati

"La terra dei buchi" , di Mattia Marzorati, è un libro che mi piace segnalare per un paio di motivi a mio parere veramente interessanti. Prima di parlarne, il tema: secondo quanto riportato nei testi che accompagnano il volume, la provincia di Brescia è una delle più contaminate d'Italia (si parla di pesante inquinamento dell'aria, dell'acqua, del suolo) risultato di decenni di imprenditoria speculativa e di baratto tra lavoro e benessere economico da un lato, tutela dell’ambiente e salute pubblica dall’altro (La terra dei buchi, Cerotti e Giubellini) Marzorati ha scelto di raccontare con le sue fotografie le cause di questo disastro ambientale (il quotidiano La Repubblica il 13 agosto 2001 titolava " A Brescia una Seveso bis ") e l'impatto sull'ambiente e sulle persone, sulla loro salute e sulla loro vita. Il risultato è il progetto "La terra dei buchi", confluito poi nell'omonimo libro. Progetto che, come detto all'ini...

Mi prendo il mondo ovunque sia. La vita da fotografa, tra impegno civile e bellezza, di Letizia Battaglia

"Ma io e Letizia Battaglia saremmo andati d'accordo?" Questa è la domanda che mi è venuta in mente quando ho finito di leggere il suo libro. Alla fine è una domanda meno strana di quanto possa sembrare. Contrariamente alle mie aspettative, infatti, la protagonista del libro " Mi prendo il mondo ovunque sia " non è tanto la fotografia di Letizia Battaglia quanto la vita di Letizia Battaglia: il suo essere bambina, ragazza, donna, moglie, madre, amica, l'impegno civile, il teatro, la fotografia, il lavoro, i successi e i fallimenti sia professionali sia personali. Tutto raccontato in prima persona con una sincerità che in alcuni punti sconcerta. (In realtà, Battaglia avverte che non tutto può essere raccontato: "ci sono cose troppo dolorose che tengo per me, che non ho mai raccontato a nessuno". e che non vengono - come è giusto che sia - raccontate neppure in questo libro). E' una narrazione talmente intima, talmente in presa diretta che ad ogni...

David LaChapelle. I Believe in Miracles

"David LaChapelle. I Believe in Miracles" , catalogo dell'omonima mostra organizzata al Mudec di Milano dal 22 aprile fino all'11 settembre , ci introduce all'ampio percorso di ricerca artistica che il fotografo statunitense ha sviluppato dal 1985 ad oggi, in parallelo alla forse ben più nota attività nel campo della pubblicità e della moda. David LaChapelle, catalogo della mostra "I Believe in Miracles", pagg. 20-21 Lo stile di David LaChapelle è immediatamente riconoscibile: senti il suo nome e subito pensi alle sue immagine cariche di dettagli, di oggetti, di persone, ricche di colori accesi, saturi, invadenti. Barocco, pop... puoi classificarle come vuoi, resta il fatto che hanno un'estetica unica e caratteristica. Non per nulla già nel 1991, e quindi più di 30 anni fa, il New York Times scriveva LaChapelle influenzerà sicuramente il lavoro delle nuove generazioni [...] nello stesso modo in cui Richard Avedon ha aperto la strada a molto di ...

Ricordo il giorno in cui il fotogiornalismo è morto

René Burri ricordava l'esatto momento in cui si era reso conto che i bei tempi del fotogiornalismo erano ormai andati. René Burri durante le riprese del documentario "The two faces of China", 1966 Doveva essere già il 1957 o 1958. Si trovava in Grecia e aveva passato il giorno a caccia di notizie quando, dopo ore e ore di lavoro, riuscì finalmente a sedersi sulla poltrona di pelle marrone nell'atrio di un albergo di Atene, per togliere il rullino dalla macchina e prepararlo alla spedizione. Sullo schermo dell'atrio balenò all'improvviso il notiziario televisivo e Burri capì, con un misto d'incredulità e di terrore, che le stesse identiche immagini che aveva catturato durante la giornata scorrevano ora sullo schermo del televisore prima ancora che lui finisse di riavvolgere il rullino della macchina. Le sue foto ancora da sviluppare, stampare e distribuire, erano già obsolete. ( Miller R., Magnum - I primi cinquant'anni della leggendaria agenzia fotogra...