Valeria Lobbia è una fotografa ritrattista italiana, specializzata in ritratti di bambini, donne e maternità. Gli inizi sono ad Asiago, poco più di 10 anni fa, ed oggi si divide tra l'altopiano dei Sette Comuni (le radici sono importanti!) e Milano, capitale della moda e della fotografia patinata. Nel 2020 è seconda ai WPI Awards nella categoria Children Portrait, quest’anno è tra i quattro finalisti del premio internazionale "The Societies of Photographers" nella categoria "ritratto creativo".
Valeria Lobbia fotografata da Valeria Lobbia |
Con lei si potrebbe parlare di molti argomenti: tecnica, luce, ruolo del fotografo, post produzione. Ma la prima domanda che voglio farle riguarda la bellezza, perché mi ha colpito una sua frase: le sue foto, i suoi ritratti "hanno l'intento di far emergere il meglio di te". Ed è una ricerca della bellezza che guarda la persona nella sua complessità, rifiutando i canoni standardizzati che spopolano sui social.
Buongiorno Valeria. Avevo promesso di domandarle della sua tecnica, della formazione, del mercato, ma vorrei iniziare questa chiacchierata da un aspetto che mi interessa molto di più: la bellezza. Giovanni Gastel scrive che «la bellezza ... l'ha difeso dalla durezza del vivere». Per lei, come fotografa ritrattista, cos'è la bellezza?
Valeria Lobbia: La bellezza salverà il mondo. Sono un’inguaribile romantica, nel vero senso della parola, e mi riferisco proprio al movimento artistico che si sviluppa e parte dal ‘700 in contrapposizione alla razionalità dell’illuminismo. Durante il Romanticismo al centro dell’opera si pone l’emotività, la fantasia, l’immaginazione e l'individualità dell’artista. Già Platone nell’antica Grecia sosteneva che “Kalos Kai Agathos” ossia che bello è buono: per dirla con altre parole, dove c’è bellezza lì c’è anche la bontà più pura, o meglio Dio.
Proviamo a calare questa affermazione nei giorni nostri: non è forse vero che la bellezza della natura sa consolare dagli affanni della vita quotidiana? E che si trova piacere andando a vedere una mostra d’arte?
Nel mio percorso personale di donna e di fotografa ho deciso di dedicare la mia vita alla ricerca della bellezza nelle persone, bellezza che si cattura in uno sguardo o in un moto interiore. Lo faccio perché sono convinta che, una volta trovata, questa bellezza potrà produrre solo cose buone, che produrranno a loro volta altra bellezza, in un infinito circolo virtuoso verso un mondo migliore.
Questa ricerca della bellezza e dell’armonia viene condivisa con il mio soggetto, non avviene in astratto dentro qualche angolo imperscrutabile della mia mente. Infatti, l’esperienza di ritratto comincia molto prima dello shooting vero e proprio e si sviluppa attraverso un appuntamento di consulenza in cui la mia idea di bellezza si incrocia con quella del soggetto. Questo mi permette di innescare quel processo creativo necessario per sviluppare l’idea.
© Valeria Lobbia |
In un'intervista ha detto: "artisti, vip e star non fanno parte della mia clientela, hanno bisogni diversi, hanno già i loro staff e si adattano a immagini certamente diverse dalle mie, più adatte al mondo dei social e della comunicazione". Il che mi ha ricordato un'intervista a Platon, un fotografo che ha messo davanti alla sua macchina fotografica un bel po' di "potenti" dei nostri tempi: «Probabilmente, le persone più importanti che dovrei fotografare sono quelle che non hanno una voce. ... E' la cosa più onorevole cui aspirare. Essere capaci di dare a qualcuno la possibilità di esprimere se stesso». Che ne pensa?
Penso che la fotografia di ritratto autoriale non sia per tutti, non può essere prettamente popolare perché per essere fatta bene ha dei costi elevati, molto più di quello che si pensa. Inoltre un ritratto non è un bisogno primario come mangiare, vestirsi, avere una casa, è a tutti gli effetti un bene di lusso e lo è sempre stato storicamente. Basti pensare che i ritratti dei pittori della storia dell’arte sono stati per secoli riservati al clero e alla nobiltà. Oggi invece, decidere di regalarsi un’esperienza di ritratto, deriva più da aspetti culturali che di “ceto sociale”.
Inoltre, il rapporto tra fotografo e soggetto cambia a seconda che si tratti di una fotografia fatta su commissione o di una fatta per ricerca personale, per produrre arte. La fotografia autoriale su commissione, come esperienza proposta nel mio studio, ha lo scopo di ritrarre al meglio un soggetto committente valorizzando i punti di forza. In questo caso l’esperienza di ritratto diventa un viaggio alla riscoperta di se stessi, arricchita da una serie di consulenze mirate e pre-shooting che hanno l’obiettivo di profilare quanto più possibile i gusti e i valori del soggetto. Generalmente le mie clienti sono spesso donne che percepiscono in quello che faccio la possibilità di ritrovarsi, di vedersi rifiorire, risplendere. Ciò che adoro del mio lavoro è proprio questo: l’idea di poter interagire con le persone notando poi l’evoluzione che riescono ad avere come conseguenza del percorso fatto insieme.
Tutt’altro piano è quello della ricerca personale, un ambito che esula dalle logiche commerciali per sfociare invece nell’ambito della Fine Art photography, con regole completamente diverse. In quel caso allora non si parla più di rappresentazione valorizzativa del soggetto, ma piuttosto di sensibilità artistica, di messaggio culturale o personale dell’artista. In questo caso sono io che scelgo i miei modelli e come rappresentarli.
Si può dire che i due mondi hanno dinamiche opposte: da un lato c’è un committente soggetto che commissiona un ritratto al fotografo, dall’altro c’è il fotografo che “ingaggia” il soggetto per un particolare progetto artistico.
Per tornare alla sua domanda quindi: la fotografia autoriale oggi è più popolare rispetto ai ritratti del 1500, ma resta comunque un bene riservato alle persone che hanno una buona dose di sensibilità e la voglia di scendere sotto la superficie delle cose per ritrovare un po’ di se stessi attraverso un’esperienza esclusiva e altamente personalizzata.
© Valeria Lobbia |
Porti pazienza ma oggi sono di citazioni. Guardando le sue foto mi sono, infatti, venute in mente queste parole di Robert Doisneau: "Quello che io cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere.". Ci si ritrova? Che ne pensa?
Mi ritrovo totalmente in questa citazione. Ho sempre avuto una certa sensibilità e propensione al bello, personalmente credo che si possa sempre scegliere di vedere il bello nel mondo che ci circonda.
Le confido una cosa: quando nel 2019 il mondo è stato travolto dalla pandemia sono rimasta scioccata, traumatizzata, credo come molti. Per i primi mesi sono stata preda di attacchi di ansia, avevo presagi di catastrofi ed ero completamente paralizzata nelle scelte, anche lavorative. Solo quando ho deciso di spegnere (per sempre) la Tv, di isolarmi dal mondo e di concentrarmi sulle piccole meraviglie che succedevano nel raggio di 30 metri da casa mi sono resa conto che non c’era niente che davvero mi mancava.
E’ stato in quel momento che ho deciso che avrei sempre cercato di vedere solo la bellezza intorno a me. A volte bisogna fare uno sforzo, andare oltre, ma se si guarda bene la bellezza c’è sempre. Anche le fotografie che scatto riflettono il mio mondo interiore: fatto dalla meraviglia per le piccole cose e da un tocco di dolce malinconia, come quando stai assaporando un momento perfetto nella piena consapevolezza che sta terminando e non tornerà più.
Ho citato Gastel, Platon e Doisneau. Inevitabile chiederle qual è il suo fotografo di riferimento, e il motivo.
Questa è una domanda molto difficile. Affondo le mie radici culturali nella storia dell’arte, quindi penso di essere influenzata più da essa che dalla storia della fotografia. In questa epoca di “bombardamento visivo” non risulta semplice isolare una fonte unica di ispirazione, ma tra gli artisti pittori cito sicuramente i fiamminghi: Rembrandt, Van Eyech, Vermeer, per il trattamento della luce e il focus tutto sul soggetto.
Per quanto riguarda i fotografi cito i testi che ho sempre a portata di mano quando ho necessità di far fiorire le visioni e l’ispirazione: I ritratti di Cartier Bresson (Tete a Tete); Peter Lindbergh (On fashion Photography); Avedon (Fashion 1994/2000); Annie Leibovitz (Ritratti 2005-2016)
Amo il genio di Francesca Woodmann che ha ispirato il mio ingresso nel mondo della fotografia più di 10 anni fa e anche il Maestro Giovanni Gastel, la sua umanità ed empatia che traspaiono negli scatti. Di Gastel ammiro anche la sincerità con cui si racconta nella sua biografia, in particolare come riesce a superare i momenti duri della sua carriera reinventandosi in chiave autoriale. Ricordo che leggendo quelle righe ragionai sulla flessibilità e l’umiltà di questo grande fotografo.
Per ultima, ma non per importanza, amo Annie Leibovitz, la sua versatilità, la facilità con cui riesce a raccontare personaggi così diversi rimanendo però sempre fedele alla sua cifra artistica.
© Valeria Lobbia |
Per sua stessa ammissione 😊 "farsi fare" un ritratto da lei è «un percorso impegnativo di 50/60 ore di lavoro, lo scatto è il tocco finale dopo aver fatto consulenze su colori, "body shape" (forma del corpo) e outfit, l'abbigliamento». Dando per scontate le competenze tecniche "classiche" (luci, posa del soggetto, ...) quali altre competenze deve possedere oggi un fotografo ritrattista per affermarsi sul mercato?
Sì, è vero, il mio processo creativo è lungo. Svolgo un grande lavoro di ricerca e di preparazione prima dello shooting cucito sulle esigenze di ogni soggetto, quindi il processo non può essere standardizzato. E’ un ragionamento molto profondo che parte da basi estetiche ma anche caratteriali e quindi sconfina nella psicologia, nell’empatia. Non è semplice prendere decisioni di stile mettendosi nei panni di altre persone.
Personalmente sono una maniaca del controllo e preferisco arrivare allo shooting con le idee molto chiare, in primo luogo per offrire una bella esperienza al mio cliente e in secondo luogo per non correre il rischio di tralasciare alcune delle ispirazioni su cui avevo ragionato.
Però non è per tutti così, la fotografia è bella perché può essere interpretata ed eseguita in mille maniere, tutto dipende dall’esperienza che si desidera offrire ai clienti e dai risultati che si vogliono ottenere.
Io personalmente ho scelto la strada della specializzazione verticale a tutto tondo sull’immagine e credo continuerò ad approfondire tutti gli aspetti che hanno fondamento scientifico per offrire un’esperienza sempre più particolare ed esclusiva.
Il fine ultimo del mio lavoro è far stare bene le persone e credo sia importante riuscire a fondare le scelte stilistiche su basi solide - prima tra tutte la creatività - ma se è condivisa con il cliente e avvalorata da considerazioni derivanti da precise valutazioni credo sia meglio!
E, dato che le competenze tecniche "classiche" di cui abbiamo parlato prima non sono in realtà per niente scontate, esiste un percorso formativo ideale che si sentirebbe di suggerire ad un aspirante fotografo ritrattista?
Il primo e più importante percorso che consiglio di intraprendere, a dispetto di quello che si possa credere, riguarda non tanto la tecnica ma la definizione del brand.
Capisco che un aspirante fotografo possa non avere le idee chiare sul suo futuro, ma è proprio per questo che in prima battuta bisognerebbe fare ampi ragionamenti sui valori che stanno alla base del suo fotografare.
Ad esempio: per quale motivo stai fotografando? Quali valori guidano o guideranno il tuo operare? Chi sei tu?
Può sembrare un percorso banale o scontato ma non lo è. La mia vita lavorativa è cambiata radicalmente quando ho deciso di gettare le solide basi del mio lavoro attraverso un periodo di formazione su questi concetti.
La definizione dei perché definisce le linee guida del proprio operare, a prescindere dalle contingenze, dai problemi, dagli intoppi che normalmente si incontreranno nel percorso di fotografo professionista.
Quello sul brand è un lavoro continuo, che va ripetuto e affinato periodicamente, perché se si lavora bene anche il proprio brand crescerà insieme.
Dal punto di vista tecnico, invece, oggi ci sono tantissime opportunità on line e off line; il mio consiglio è quello di intercettare un fotografo che si ammira, che ci trasmette qualcosa e costruirci attorno un percorso su misura.
I miei percorsi per fotografi spesso partono dagli aspetti tecnici che si desiderano approfondire: dal Ritratto, al Ritratto Pittorico e in alcuni casi sfociano in veri e propri percorsi di Tutoring one to one in cui vado a guidare i fotografi attraverso tutti gli aspetti del business della fotografia su commissione, dal branding al marketing, dalla contrattualistica all’esperienza con il cliente.
© Valeria Lobbia |
Ha parlato di "tutoring". Restiamo quindi in tema di formazione: lei gestisce corsi e workshop in tutta Italia, sul suo sito, però, non ne ho trovato traccia. Come posso restare informato sui suoi workshop? E sono aperti a tutti o è richiesto un livello minimo di competenza?
Sì, organizzo corsi sia per fotografi professionisti che aspiranti. Negli anni scorsi ho viaggiato per tutta Italia insegnando a molti colleghi le tecniche del ritratto pittorico. La decisione di trovare un secondo studio a Milano è derivata anche dalla necessità di essere più raggiungibile per fotografi che devono arrivare da molto lontano, dal Centro Italia al Sud e che possono usufruire di una rete di infrastrutture più adeguata.
Ad Asiago, la mia città natale in cui tutt’oggi ho un mio studio di fotografia, i mezzi pubblici non sono paragonabili con quelli della grande città. Nonostante questo sto riscontrando una sempre maggiore propensione allo spostamento, anche da molto lontano, per raggiungermi e questo mi riempie naturalmente di orgoglio.
In questo momento non ho all’attivo corsi di gruppo perché sto lavorando principalmente con i clienti privati e alcuni fotografi che seguo in consulenza con dei percorsi semestrali e annuali per aiutarli a gettare le basi del loro business.
Aggiorno sempre il sito quando organizzo corsi di gruppo, ma la maniera più semplice per avere informazioni dirette sui percorsi proposti è seguirmi su Instagram @valerialobbia_bp oppure mandarmi una mail a info@valerialobbia.com
Per quanto riguarda il livello di competenza, i miei corsi sono pensati per fotografi professionisti e aspiranti che conoscono bene il funzionamento della loro macchina fotografica in manuale e che abbiano nozioni di base di Photoshop. Non si tratta di corsi base di fotografia con focus sul ritratto, ma di corsi di specializzazione che rilasciano competenze diverse su tutti gli aspetti della fotografia di ritratto su commissione.
Postproduzione, ovvero l'intervento magico di Photoshop (o affini) tra lo scatto e la stampa finale: qual è la sua posizione, "Photoshop sì" o "Photoshop no", e in quale misura? (e posso anche chiederle quali software lei predilige?)
Nel mio caso postproduzione sì, ma con parsimonia.
Mi spiego meglio, la postproduzione è uno strumento a disposizione del fotografo, sta a lui decidere bene come usarla. Photoshop infatti non risolve problemi legati a errori commessi in fase di scatto, la foto deve nascere perfetta già in camera perché nessun programma di ritocco può ovviare a una cattiva gestione della luce, a un posing sbagliato, o a un make up non curato. Lighting, posing, scelte di outfit e makeup infatti devono essere impeccabili e lavorare in sinergia per far uscire al meglio il soggetto.
Una volta che abbiamo lo scatto perfetto possiamo andare a migliorarlo con la postproduzione, a volte necessaria per portare il ritratto ad un livello superiore quando ci sono gli strumenti per farlo. L’importante è non andare a modificare troppo l’immagine o a farlo in maniera non appropriata.
Le scelte che guidano la mia postproduzione sono tutte legate a ragionamenti di tipo conservativo e di valorizzazione. Per un ritrattista è importante che la pelle conservi inalterata la sua texture, vado quindi a lavorare sulle discromie e, a seconda del tipo di progetto, posso decidere di accentuare l’effetto pittorico già creato in camera, se noto delle linee non perfettamente sinuose posso leggermente intervenire sulla forma, ma non mi sposto molto da questi interventi.
Molti studenti sono incuriositi dalla mia postproduzione, ma in realtà è molto meno di ciò che si pensa, il ritratto nasce praticamente già così in macchina. I software che utilizzo sono i classici Lightroom per lo sviluppo del file e Photoshop per la fase del ritocco, ma non nego che sono affascinata da Capture One, prima o poi approfondirò il suo utilizzo!
© Valeria Lobbia |
Un'ultima curiosità: mi ha stupito che lei, oltre alle stampe, consegni al cliente anche "il file digitale". Quant'è importante la fase di stampa per i suoi ritratti? E lei come la gestisce: stampa nel suo studio, si affida a laboratori esterni, ha delle carte che predilige, quali formati, quali inchiostri... un po' di roba da nerd della fotografia, insomma :)
La stampa è l’unica certezza che attesta che il lavoro svolto possa durare nel tempo.
Con i miei clienti dedico molto tempo alla spiegazione di questa mia posizione molto forte e in contrasto con i tempi che stiamo vivendo, tempi in cui siamo bombardati da una miriade di immagini astratte, la maggior parte delle quali moriranno intrappolate in qualche dispositivo elettronico abbandonato nei vari cassetti di casa.
Scegliere di dedicarsi un ritratto nel mio studio è anche prendere atto che si sta facendo qualcosa di bello, di profondo, di intramontabile e di durevole nel tempo. Tutto ciò è realizzabile solamente attraverso il ritratto stampato.
Ormai da diversi anni ho scelto la stampa Fine Art come unica maniera di consegnare i miei lavori, perché a fronte di vari tentativi con vari laboratori, su vari supporti, ho finalmente trovato una garanzia di risultato e un supporto che rende onore al lavoro svolto con così grande cura. I formati più piccoli sono stampati da me artigianalmente sulle carte Fine Art della Canon. E’ un investimento di tempo, ma anche una grande soddisfazione veder uscire la tua creatura impressa per sempre sulla carta e con una resa così pazzesca!
Invece, per le stampe da parete da incorniciare mi affido a un laboratorio esterno che le consegna stampate in Fine Art su carta Watercolor, già incorniciate. Si tratta di un laboratorio artigianale con sede in Puglia che ha la sua falegnameria interna e produce cornici su misura. Questa scelta è stata maturata a vantaggio e tutela del mio cliente, per evitare eventuali danneggiamenti di un prodotto così pregiato durante i passaggi di mano tra lo stampatore e l’incorniciatore.
La decisione di consegnare anche il file invece dipende proprio dalla volontà di dare la possibilità al mio cliente di condividere i loro ritratti con le altre persone. L’emozione nel vedere il proprio ritratto, di scoprirsi belli e fioriti non può essere contenuta, si ha proprio l’esigenza di condividerla con amici e parenti. E’ anche un modo per diffondere il mio lavoro e farmi conoscere, quindi perché no?
© Valeria Lobbia |
E qui finisce la nostra chiacchierata. Avrebbero dovuto essere 4 o 5 domande, ma siamo andati ben oltre. Le reputo opportunità importanti: incontrare una persona, anche se solo per email, è sempre un'occasione di crescita personale fantastica. Ringrazio Valeria per la sua disponibilità e per il tempo che mi ha dedicato. Chi lo desidera può seguire il suo lavoro sul suo sito, sul suo profilo Instagram o, per chi vuole curiosare anche un po' dietro le quinte del suo lavoro, sul suo profilo Facebook.
Ciao
gio.bi
Commenti
Posta un commento