LSDI ha pubblicato, lo scorso 20 giugno, uno strano articolo di Amedeo Vergani, (vedi anche "Il futuro del fotogiornalismo") dal titolo intrigante: «Fotogiornalismo e deontologia: "Non sei iscritto all’ Ordine? E chi se ne frega"»
Interessato all'argomento, non per motivi professionali ma perchè il fotogiornalismo è una mia passione, inizio a leggere l'articolo pieno di speranza e di aspettative.
L'occhiello è aggressivo:
«Nelle redazioni italiane gli incarichi di lavoro nel campo delle immagini vengono assegnati senza tener minimamente conto delle norme dell’ordinamento professionale - Una riflessione di Amedeo Vergani, presidente del Gsgiv dell’ Associazione Lombarda dei giornalisti, che commenta: così "diventa un dettaglio trascurabile il fatto che lettori e telespettatori hanno diritto, come ha ricordato pochi giorni fa il presidente nazionale Odg, ad un’ informazione visiva prodotta con quelle garanzie di correttezza e responsabilità che possono essere assicurate sino in fondo solo da fotogiornalisti sottoposti al rispetto della disciplina imposta loro dall’Ordine professionale"» e, mi dico, "caspita, sono d'accordo!"
Ma...
Ma, proseguendo nella lettura, mi accorgo che gli strali di Vergani sono dovuti al fatto che «Non c’è infatti nessun iscritto all’Ordine dei giornalisti nella rosa dei quattordici fotoreporter finalisti dell’edizione 2009 del premio "riservato -dice il bando - a fotogiornalisti italiani" (il Premio GRIN o, più correttamente, il Premio Ponchielli 2009, ndr) con il quale da sei anni l’associazione dei photoeditor assegna un contributo in denaro ( 5.000 euro ) a quello che viene ritenuto il miglior progetto fotografico del momento.»
E, più avanti «Non è però assolutamente una novità per il Grin la scelta di non fare distinguo, nelle regole del suo premio, tra chi è fotogiornalista nel sacrosanto rispetto della legge e chi invece lo è solo di fatto. Lo stesso criterio è stato applicato anche nelle cinque precedenti edizioni tanto che solo in una occasione, nel 2006, per un caso fortuito era risultato vincitore un collega iscritto all’Odg come pubblicista.»
Insomma, questa è la colpa della Giuria del Premio Ponchielli: valutare la qualità dei progetti fotografici presentati senza distinguere tra chi ha una tessera e chi no.
Al che, mi viene da dire, complimenti a chi oggi è ancora in grado di premiare il merito e le capacità, senza guardare altro.
Ciao
Giovanni B.
Interessato all'argomento, non per motivi professionali ma perchè il fotogiornalismo è una mia passione, inizio a leggere l'articolo pieno di speranza e di aspettative.
L'occhiello è aggressivo:
«Nelle redazioni italiane gli incarichi di lavoro nel campo delle immagini vengono assegnati senza tener minimamente conto delle norme dell’ordinamento professionale - Una riflessione di Amedeo Vergani, presidente del Gsgiv dell’ Associazione Lombarda dei giornalisti, che commenta: così "diventa un dettaglio trascurabile il fatto che lettori e telespettatori hanno diritto, come ha ricordato pochi giorni fa il presidente nazionale Odg, ad un’ informazione visiva prodotta con quelle garanzie di correttezza e responsabilità che possono essere assicurate sino in fondo solo da fotogiornalisti sottoposti al rispetto della disciplina imposta loro dall’Ordine professionale"» e, mi dico, "caspita, sono d'accordo!"
Ma...
Ma, proseguendo nella lettura, mi accorgo che gli strali di Vergani sono dovuti al fatto che «Non c’è infatti nessun iscritto all’Ordine dei giornalisti nella rosa dei quattordici fotoreporter finalisti dell’edizione 2009 del premio "riservato -dice il bando - a fotogiornalisti italiani" (il Premio GRIN o, più correttamente, il Premio Ponchielli 2009, ndr) con il quale da sei anni l’associazione dei photoeditor assegna un contributo in denaro ( 5.000 euro ) a quello che viene ritenuto il miglior progetto fotografico del momento.»
E, più avanti «Non è però assolutamente una novità per il Grin la scelta di non fare distinguo, nelle regole del suo premio, tra chi è fotogiornalista nel sacrosanto rispetto della legge e chi invece lo è solo di fatto. Lo stesso criterio è stato applicato anche nelle cinque precedenti edizioni tanto che solo in una occasione, nel 2006, per un caso fortuito era risultato vincitore un collega iscritto all’Odg come pubblicista.»
Insomma, questa è la colpa della Giuria del Premio Ponchielli: valutare la qualità dei progetti fotografici presentati senza distinguere tra chi ha una tessera e chi no.
Al che, mi viene da dire, complimenti a chi oggi è ancora in grado di premiare il merito e le capacità, senza guardare altro.
Ciao
Giovanni B.
ho dato un'occhiata alle foto dei vari vincitori-segnalati: io il premio l'avrei dato a 'Congo dandies' di Tamagni: particolare, a colori, ironico.
RispondiEliminail progetto della vincitrice è un bel reportage che però non aggiunge nulla di nuovo, dal mio punto di vista.
e la drammaticità del soggetto aiuta parecchio la potenza delle foto, meccanismo che non amo molto. io avrei fatto il portfolio solo con quelle a colori, delicate e che lasciano più spazio all'immaginazione, anche se il bianco e nero è un gran bel bianco e nero.
tu che ne pensi?
ciao!
ena
Concordo con te: anche io ho apprezzato di + il reportage sui "Congo Dandies", sia per i colori molto vivaci, sia per l'inquadratura estesa a comprendere l'ambiente (in un modo sempre molto armonico), sia per le posizioni scelte per le persone ritratte.
RispondiEliminaMa, nel complesso e tralasciando le preferenze personali, devo dire che sono tutti e tre degli ottimi lavori.
Ciao
Giovanni B.