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Appunti sulla fotografia, la memoria e Josef Koudelka

Torno sul tema della fotografia e della memoria (che, ne sono consapevole, è un argomento che mi appassiona ma, ancor più, mi terrorizza).

Natale 2012

Qualche settimana fa, durante una noiosissima riunione, mi sono appuntato alcuni pensieri. Li trascrivo pari pari:
Non fotografi solo per te, fotografando crei anche le memorie per gli altri.
La fotografia come gesto sociale. Volo basso, e non penso al valore o alla potenzialità di una fotografia come atto di denuncia sociale, o come gesto che può cambiare la storia; penso, semplicemente, al sociale come "insieme" di persone, unite da un qualche vincolo e al fatto che, quando si fotografa in un contesto "sociale", si creano le memorie di questo contesto, sia per il presente che per il futuro. Perchè la memoria è importante? In una famiglia, in un gruppo, in una società - è la memoria di cosa siamo stati, delle nostre radici. E come una fotografia diventa memoria? Perchè è importante creare memoria?
Erano spunti per un articolo, ancora da sviluppare, ma li ho ripresi in mano oggi dopo aver letto questa intervista a Josef Koudelka.
L’importante è che le foto esistano, dice l'intervistatore. Certamente, risponde Koudelka. Non che siano pubblicate o che io sia conosciuto. Essere conosciuto può anche essere fastidioso: a me non piace sentirmi al centro dell’attenzione. Vado spesso a un mercato di cavalli nel nord dell’Inghilterra. Lì conosco quasi tutti e quando mi rivedono, chiedono: "E il tuo libro, quando esce? Non lo vedrò mai, sarò morto prima". Ed è vero, alcuni sono già morti. Ma posso sempre portare a un figlio la foto del padre, a un vecchio la foto di quando era meno vecchio. Ciò che conta è che il lavoro esista.
Josef Koudelka, capodanno 1967
Josef Koudelka - New Year 1967

Credo di non avere null'altro da aggiungere.
Buon fine settimana
Giovanni B.

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