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Magnum, i primi 50 anni della leggendaria agenzia fotografica

Oh, beh, wow! E, per quanto mi riguarda, la presentazione di questo libro potrebbe anche finire qui. Ma, ovviamente, non è possibile...

Copertina del libro Magnum, di Russell Miller

Perché tanto entusiasmo?

Beh, anzitutto perchè "Magnum, i primi 50 anni della leggendaria agenzia fotografica", di Russell Miller, più che un libro di fotografia è un avvincente romanzo di avventura; e l'avventura è quella della più nota "agenzia" di fotogiornalismo al mondo, un nome che ha fatto sognare intere generazioni di aspiranti fotogiornalisti, un marchio sinonimo di avventura e sfide impossibili.

Poi perché parlare di Magnum significa raccontare la storia mondiale dal dopoguerra ad oggi (anche se il libro, si ferma al 1997, più o meno "i primi 50 anni della leggendaria agenzia fotografica"); significa raccontare le storie di alcune tra le fotografie più iconiche, pop, universalmente note (chiamatele come volete, ma il significato è chiaro); significa raccontare i fotografi che hanno scritto la storia del fotogiornalismo e che continuano a scriverla anche oggi.

Ma anche perché "Magnum", il libro, oltre a raccontare in modo avvincente tutto questo, va più in profondità, e racconta l'uomo o la donna nascosti dietro la maschera del "grande fotografo", il loro ego tendenzialmente smodato, le loro tremende liti (e tra fotografi e staff), le loro eterne e inconcludenti discussioni su come salvare la cooperativa dal perenne disastro imminente.

Ho fatto scoperte interessanti: quella che più mi ha colpito è il lato imprenditoriale di Robert Capa. Capa per me era tutto - grandissimo fotografo, donnaiolo impenitente, giocatore d'azzardo incallito - tutto ma non un imprenditore. E invece, eccomi servito! Ed è sua l'intuizione che avrebbe rivoluzionato tutto il mercato della fotografia, anche se oggi non ne siamo più consapevoli (Magnum, pag. 66):

Cosa più importante, [Capa] voleva tenere per sé i negativi e mantenere il diritto d'autore delle sue fotografie. Era un concetto rivoluzionario: fino a quel momento i direttori dei giornali davano per scontato che l'importo che pagavano ai fotogiornalisti includesse anche l'acquisto dei negativi e del copyright in modo permanente. [...] "Capa e i suoi amici hanno inventato il diritto d'autore per la fotografia. Anche se avessero fatto nient'altro che questo, hanno dato libertà al loro mestiere e trasformato un fotografo asservito in un artista libero.

Così come ho trovato mirabile la lezione di fotogiornalismo condensata nelle due pagine di lettera che Capa scrisse a George Rodger  il 16 gennaio 1952 (Magnum, pagg. 122 - 123), una lezione a mio parere attuale anche oggi, a settant'anni di distanza:

A New York ho ricevuto il tuo testo sui rifugiati ma ho visto le foto soltanto adesso. [...] La parte testuale, e non perché io non sia d'accordo con quello che scrivi, è il miglior esempio di quello che non dovresti fare. Nessuna rivista pubblicherà un editoriale invece di un reportage. L'ottanta per cento del tuo pezzo era pesante e retorico come sanno esserlo gli editorialisti. [...] Ma la cosa peggiore è che se il testo è carico di dramma e pathos, le fotografie mostrano un accampamento piuttosto pacifico e quasi sereno, certamente più ordinato e pulito degli accampamenti descritti. Così le due parti non si combinano affatto. Invece il contrario, ovvero un testo disteso e misurato abbinato a foto più drammatiche, avrebbe funzionato molto meglio.

O, ancora, la volontà di proporre i propri valori sul mercato dell'informazione. Come racconta Ernst Haas (Magnum, pag. 103):

Fu Capa a dire: "il mercato non si soddisfa soltanto, lo si crea [...] si creano valori, che in seguito verranno ricercati" 
Una distanza siderale rispetto alla continua ricerca di consensi sul mercato dei social delle società di informazioni odierne.
C'è spazio anche per gli aneddoti, dove spesso la "piccola" storia personale dei fotografi Magnum viene a contatto con la "grande" storia raccontata nei libri di scuola. Storielle impensabili, come Inge Morath che racconta del senatore McCarty (sì, quello della caccia alle streghe comuniste) che fa il dongiovanni con lei:
McCarthy era viscido. Un giorno suonò il pianoforte per me, ma non voleva essere fotografato mentre lo faceva. Aveva una specie di fascino oscuro, sembrava che cercasse in tutti i modi di risultare attraente. Si rivelò una specie di dongiovanni, non era quello che mi aspettavo. Mi aspettavo qualcosa di disgustosamente, brutalmente volgare, ma in realtà era abbastanza educato e intelligente, almeno in apparenza.

Note di colore a parte, il libro è tutto sulla fotografia e sulla spinta etica che ha sempre motivato e contraddistinto questo gruppo di fotogiornalisti fuori dal comune:

... le loro non erano solo fotografie descrittive dei posti in cui erano stati, ma racchiudevano avanti le loro opinioni su ciò che avevano visto. Era come dire: sono stato qui ho guardato questo, ed ecco cosa ne penso (Erich Hartmann, pag. 108)

E ancora:

Avevamo una voglia irrefrenabile di mostrare il mondo così come lo vedevamo noi. Avevamo anche un impeto ideale molto forte, proprio del dopoguerra: volevamo davvero rendere il mondo un posto migliore (Inge Morath, pag. 113)

Potrei andare avanti per ore a citare ora questa, ora quella parte del libro, e lo farei molto volentieri. Ma la soluzione migliore per capire il mio entusiasmo è leggerselo e rileggerselo (oltretutto il prezzo è irrisorio). Soprattutto se almeno una volta nella vostra vita avete sognato di andare in giro per il mondo a scattare foto per raccontare storie.

Buona lettura.


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Titolo: Magnum, i primi 50 anni della leggendaria agenzia fotografica
Autore: Russell Miller
Editore: Contrasto
Anno: 2019
Lingua: Italiano (traduzione di Daniela De Lorenzo)
ISBN-10: 8869657957
ISBN-13: 978-8869657955
Dimensioni: 15,3 x 2,6 x 23 cm
Pagine: 376
Prezzo: 9,90€

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