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Fotografare, in fondo, non è un atto banale

In questa fase sterile torno a delle righe annotate tempo fa, sotto il titolo provvisorio "Ritratti: quali soggetti fotografare". Il titolo, per quanto brutto, ti dice già di cosa voglio parlare: ritratti, quindi persone.
E' una "storia" senza morale, pura condivisione di alcune cose che, per motivi diversi, hanno suscitato il mio interesse (il grassetto, infatti, è mio).

Aspettando il treno | Fuji X-A2 + Fujinon XF27mm

Inizio da "A Conversation with Platon", un'intervista di Hilary Kelly a Platon, che non è il Platone delle nostre superiori ma un fotografo che ha messo davanti alla sua macchina fotografica un bel po' di "potenti" dei nostri tempi:
«Probabilmente, le persone più importanti che dovrei fotografare sono quelle che non hanno una voce. E mi piacerebbe che fosse questo il messaggio di questa intervista. E' la cosa più onorevole cui aspirare.
Essere capaci di dare a qualcuno la possibilità di esprimere se stesso, di raccontare la propria storia da un palco cui normalmente non avrebbe accesso. E, in questo modo, questo palco cambia il modo in cui vediamo i tempi che stiamo vivendo. Questo è il mio vero obiettivo.»


Passo oltre. Mi ha colpito la breve frase che introduce "The Forgotten Ones", un documentario sulla vita e le opere (si dice così, no?) del fotografo Milton Rogovin:
«Mi sono concentrato sui poveri... i ricchi hanno già i loro fotografi»



Gli ultimi appunti sono, invece, relativi ad un banalissimo fatto di cronaca locale. In breve (foto e dettagli della storia li trovi su Peta Pixel), tra i compagni di classe c'è anche un ragazzino su di una sedia a rotelle; nella foto di classe viene "sistemato" in un angolo della foto.
Di sicuro non c'è cattiveria nel fotografo, solo superficialità, ma ha ragione la mamma:
«Vedi che è in un angolo? E' messo da parte. E desidera così tanto far parte del gruppo»


Tutto questo per dire che...?
Nulla, te l'ho detto, sono solo appunti sparsi.
Che mi aiutano, però, a ricordarepensareriflettere che fotografare non è un gesto banale. Soprattutto quando scelgo di mettere, nel mirino, una persona. Che sia in studio, che sia per strada, ogni persona è importante. E non è mai banale.

Che ne pensi?
Giovanni B.

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